LATINISTI

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sabato 5 giugno 2010

Cicerone Filippiche, veglierò so di voi

Quam ob rem, Quirites, consilio, quantum potero, labore plus paene, quam potero, excubabo vigilaboque pro vobis. Etenim quis est civis, praesertim hoc gradu, quo me vos esse voluistis, tam oblitus beneficii vestri, tam immemor patriae, tam inimicus dignitatis suae, quem non excitet, non inflammet tantus vester iste consensus? Multas magnasque habui consul contiones, multis interfui; nullam umquam vidi tantam, quanta nunc vestrum est. Unum sentitis omnes, unum studetis, M.Antoni conatus avertere a re publica, furorem extinguere, opprimere audaciam. Idem volunt omnes ordines, eodem incumbunt municipia, coloniae, cuncta Italia. Itaque senatum bene sua sponte firmum firmiorem vestra auctoritate fecistis.

Traduzione


Per questa ragione, Quiriti, con saggezza, quanta potrò, con fatica, quasi più di quanto potrò, non mi concederò riposo per vigilare su di voi. E infatti chi è un cittadino, specialmente di questo rango, con il quale voi avete voluto che io fossi, tanto dimentico del vostro benessere, tanto immemore della patria, tanto nemico della propria dignità che questo grande vostro consenso non eccita, non infiamma? Da console ho tenuto molti discorsi, a molti ho partecipato; mai ho visto (un consenso) così grande come ora (lo) è il vostro. Un unico sentimento provate tutti, a uno solo vi dedicate, (e cioè) allontanare dallo stato i tentativi di Marco Antonio, estinguerne il furore, opprimerne l'audacia. Lo stesso vogliono tutti gli ordini, a questo stesso scopo mirano municipi, colonie, tutta l'Italia. Pertanto avete reso bene il senato di sua iniziativa solido e più stabile con la vostra autorità.

Cicerone De senectute, 11-20

Tarentum vero qua vigilantia, quo consilio recepit! cum quidem me audiente Salinatori, qui amisso oppido fugerat in arcem, glorianti atque ita dicenti; 'Mea opera, Q. Fabi, Tarentum recepisti,' 'Certe,' inquit ridens, 'nam nisi tu amisisses numquam recepissem.' Nec vero in armis praestantior quam in toga; qui consul iterum Sp. Carvilio conlega quiescente C. Flaminio tribuno plebis, quoad potuit, restitit agrum Picentem et Gallicum viritim contra senatus auctoritatem dividenti; augurque cum esset, dicere ausus est optimis auspiciis ea geri, quae pro rei publicae salute gererentur, quae contra rem publicam ferrentur, contra auspicia ferri.


Traduzione


E Taranto, con che instancabilità, con che intelligenza la riprese! In tale occasione con le mie orecchie lo sentii ribattere a Salinatore che, persa la città, si era rifugiato nella rocca e si gloriava con queste parole: "Per opera mia, Quinto Fabio, hai ripreso Taranto!" "Certo!" rispose ridendo. "Se tu non l'avessi persa io non l'avrei mai ripresa!" E davvero non fu più eccellente nelle armi che in toga: console per la seconda volta, sebbene il suo collega Spurio Carvilio non prendesse posizione, si oppose finché poté al tribuno della plebe Caio Flaminio che, contro il volere del senato, intendeva procedere a una distribuzione fra i singoli individui del territorio piceno e gallico. Quando fu augure osò dire che hanno i migliori auspici le iniziative intraprese a vantaggio dello stato mentre le proposte avanzate a suo danno hanno auspici sfavorevoli.

Cicerone De senectute, 1-10

O Tite, si quid ego adivero curamve levasso,
Quae nunc te coquit et versat in pectore fixa,
Ecquid erit praemi?
Licet enim mihi versibus eisdem adfari te, Attice, quibus adfatur Flamininum
Ille vir haud magna cum re, sed plenus fidei;
quamquam certo scio non, ut Flamininum,
Sollicitari te, Tite, sic noctesque diesque;
novi enim moderationem animi tui et aequitatem, teque non cognomen solum Athenis deportasse, sed humanitatem et prudentiam intellego. Et tamen te suspicor eisdem rebus quibus me ipsum interdum gravius commoveri, quarum consolatio et maior est et in aliud tempus differenda. Nunc autem visum est mihi de senectute aliquid ad te conscribere.


Traduzione



O Tito, se ti aiuto e ti libero dell'angoscia
che ora, confitta nel cuore, ti brucia e ti tormenta,
che ricompensa avrò?
Posso davvero rivolgermi a te, Attico, con gli stessi versi con cui a Flaminino si rivolge
quell'uomo non di grandi ricchezze, ma pieno di lealtà
anche se sono sicuro che, diversamente da Flaminino, non
ti agiti così, Tito, giorno e notte.
Conosco la misura e l'equilibrio del tuo animo e so che da Atene non hai riportato solo il tuo soprannome, ma anche cultura e saggezza. E tuttavia sospetto che, talvolta, ti assillino molto gravemente i problemi che travagliano anche me. Consolarsi da essi è impresa assai ardua e da differirsi ad altro momento. Ora, invece, mi è sembrato opportuno comporre per te qualcosa sulla vecchiaia.

Preparativi per la Battaglia

Die praestituta ad pugnam mane consules in vasta planitie aciem tanta peritia instruxerunt ut equites confertis ordinibus omnes perdites protegerent. Victoriae spes Romanos excitabat et ii fide et precationibus animos ad deos advertebant. Milites enim pridie in mediis castris Martis marmoream effigiem collocaverant, ei hostias immolaverant et eum obsecraverant ut perniciem ab exercitu averteret et huic res secundas concederet. Praeterea consules ante proelium oppurtunis verbis milites confirmabant, longam victoriarum seriem memorabant et eis spem in patriam reditus addebant. Denique tuba signum dedit et cum rabie fideque milites in hostes impetum fecerunt.



Traduzione




In un giorno prestabilito alla battaglia, di mattina i consoli istruivano in una desolata pianura l'esercito con così tanta perizia che i cavalieri pieni di ordini nascondevano tutti i perduti. La speranza di vittoria eccitava i Romani e la loro fiducia e [le loro] preghiere volgevano gli animi agli dei. I soltadi infatti la vigilia avevano messo la statua marmorea di Marte nel mezzo dell'accampamento, a lui avevano immolato i nemici e lo avevano supplicato di allontanare dall'esercito la sventura e concedergli il benessere. Inoltre i consoli prima della battaglia incoraggiavano i soldati con opportune parole, ricordavano la lunga serie di vittorie e a loro aggiungevano la speranza del ritorno in patria. Infine la tromba diede il segnale e con rabbia e fiducia i soldati si lanciarono all'attacco contro i nemici.

venerdì 4 giugno 2010

Onestà e saggezza

In rebus secindis multi amici officia parebent et vita omnium dierum facilis est et beata.Sed vera virtus hominum in rebus adversis patet.Cum omnis spes concidit, cum fides amicorum evanescit, nec semper meridies cibos apponit , tum vere probus probitatem ostendit.Vir malus contra in rebus secundis speciem honestatis monstrat, si vero fortuna mutat,ne mala scelera quidem vitat.Vir sapiens autem, si fortuna est secunda, veros amicos et veras divitias cernit; itaque, si res mutant , non solum perniciem vitat, sed etiam fide ac spe vitam suam redintegrat.



Traduzione


Nelle situazioni favorevoli molti amici si mettono a disposizione per aiuti e la vita di tutti i giorni è facile e beata. Ma la vera virtù dell'uomo si manifesta nelle circostanze avverse. Quando cade ogni speranza, quando la fede degli amici viene meno, e non si ahnno davanti dei cibi sempre a mezzogiorno, allora il buomo mostra veramente la bontà. Al contrario l'uomo cattivo nelle situazioni favorevoli dimostra una sorta di onestà, se la fortuna cambia veramente, e non evita nemmeno le cattive scelleratezze. Invece l'uomo saggio, se la sorte è favorevole, distingue i veri amici e le vere ricchezze; perciò, se le situazioni cambiano, non solo evita le disgrazie, ma rianima la sua vita anche con la speranza.

Il saccheggio dal tempio di Minerva

Aedis Minervae est in Insula, de qua ante dixi; quam Marcellus non attigit, quam plenam atque ornatam reliquit; quae ab isto sic spoliata atque direpta est non ut ab hoste aliquo, qui tamen in bello religionem et consuetudinis iura retineret, sed ut a barbaris praedonibus vexata esse videatur. Pugna erat equestris Agathocli regis in tabulis picta praeclare; iis autem tabulis interiores templi parietes vestiebantur. Nihil erat ea pictura nobilius, nihil Syracusis quod magis visendum putaretur. Has tabulas M. Marcellus, cum omnia victoria illa sua profana fecisset, tamen religione impeditus non attigit; iste, cum illa propter diuturnam pacem fidelitatemque populi Syracusani sacra religiosaque accepisset, omnis eas tabulas abstulit, parietes quorum ornatus tot saecula manserant, tot bella effugerant, nudos ac deformatos reliquit.

Traduzione


C'è un tempio di Minerva sull'isola, di cui ho già parlato, e che Marcello non ha toccato, lo ha lasciato pieno di tutti i suoi tesori e ornamenti, ma che così è stato svuotato e "attaccato" da Verre, che sembra essere stato nelle mani non di un nemico - i nemici, anche in guerra, rispattano i riti della religione e i costumi del paese, ma (nelle mani) di un qualche pirata barbaro. C'era la battaglia della cavalleria del Re Agathocle, perfettamente dipinto in una serie di figure, e con queste figure erano ornate le mura interne del tempio. Niente era più nobile di quei dipinti; Non c'era niente a Sicuracusa che valeva vedere di più.Queste figure Marcello, che con ogni sua vittoria prendeva tutto, non le toccò, impedito dalla sacralità (di esse); Questo (Verre), dopo la lunga pace e la lealtà dei Siracusani, li ha accolti come sacri e sotto la protezione della religione, portando via queste figure che sono rimaste inviolate per tanto tempo e che sono sfuggite a tante guerre, lasciando nude e deformate le mura.

L'esempio dei migliori insegna a vivere

Si velis vitiis exui, longe a vitiorum exemplis recedendumest. Avarus, corruptor, saevus, fraudulentus, multum nocituri si propea te fuissent, intra te sunt. Ad meliores transi: cum Catonibus vive, cumLaelio, cum Tuberone. Quod si convivere etiam Graecis iuvat, cum Socrate, cum Zenone versare: alter te docebit mori si necesse erit, alter antequamnecesse erit. Vive cum Chrysippo, cum Posidonio: hi tibi tradent humanorumdivinorumque notitiam, hi iubebunt in opere esse nec tantum scite loquiet in oblectationem audientium verba iactare, sed animum indurare et adversusminas erigere. Unus est enim huius vitae fluctuantis et turbidae portuseventura contemnere, stare fidenter ac paratum tela fortunae adverso pectoreexcipere, non latitantem nec tergiversantem.


Traduzione



Se vuoi spogliarti dei vizi, devi stare lontano da esempi di vizi. L'avaro, il corruttore, il crudele, il truffatore, che già nuocerebbero molto se fossero vicini a te, tu li hai dentro di te. Passa a compagni migliori: vivi con Catone, Lelio, Tuberone. E, se ti piace anche stare insieme ai Greci, intrattieniti con Socrate, Zenone: l'uno ti insegnerà a morire se sarà necessario, l'altro prima che sia necessario. Vivi con Crisippo, con Posidonio: essi ti trasmetteranno la conoscenza dell'umano e del divino, ti inviteranno all'operosità e non solamente a parlare con eleganza e a ostentare belle parole per il piacere dell'uditorio, ma a rafforzare l'animo e a ergerlo contro tutte le minacce. In questa vita incerta e agitata c'è un solo porto: disprezzare il futuro, essere fermi e risoluti e pronti a ricevere i colpi della fortuna, in pieno petto, senza nascondersi o temporeggiare.

I primi consoli Romani

Cum Romani Tarquinium regem expulissent, fuerunt primo anno consules L. Iunius Brutus et Tarquinius Collatinus, Lucretiae vir. Movit tamen bellum urbi Romae rex Tarquinius: is apud Porsenam, Etruriae regem, confugerat ut, eius auxilio, regnum recuperaret. In prima pugna Brutus consul et Tarquinii filius invicem se occiderunt; Romani tamen bellum vicerunt. Brutum, Lucretiae defensorem, matronae Romanae quasi communem patrem per annum luxerunt. Secundo quoque anno iterum Tarquinius bellum Romanis indixit et Romam paene cepit. Denique Tarquinius, cum Porsena pacem cum Romanis fecisset, Cumas confugit atque ibi reliquum tempus vitae egit.



Traduzione


Dopo che i Romani ebbero cacciato il re Tarquinio, nel primo anno furono consoli L. Giunio Bruto e Tarquinio Collatino, marito di Lucrezia. Tuttavia il re Tarquinio mosse guerra alla città di Roma: costui (= questo) si era rifugiato presso Porsenna, re dell'Etruria, al fine di riprendersi il regno con il suo aiuto. In una prima battaglia il console Bruto ed il figlio di Tarquinio si uccisero l'un l'altro; tuttavia i Romani vinsero la guerra. Le matrone romano piansero durante un anno, quasi [fosse stato] il padre di tutte (lett. "comune), Bruto, il difensore di Lucrezia. Anche nel secondo anno Tarquinio di nuovo dichiarò guerra ai Romani e quasi occupò Roma. Infine Tarquinio, poiché Porsenna aveva fatto la pace con i Romani, si rifugiò a Cuma e là visse il resto della sua vita.

Annibale e colloquio con Scipione

Summotis pari spatio armatis cum singulis interpretibus congressi sunt, non suae modo aetatis maximi duces, sed omnis ante se memoriae, omnium gentium cuilibet regum imperatorumve pares. Paulisper alter alterius conspectu, admiratione mutua prope attoniti, conticuere. Tum Hannibal prior: "Si hoc ita fato datum erat, ut, qui primus bellum intuli populo Romano, quique totiens prope in manibus victoriam habui, is ultro ad pacem petendam venirem, laetor te mihi sorte potissimum datum, a quo peterem. Tibi quoque inter multa egregia non in ultimis laudum hoc fuerit, Hannibalem, cui tot de Romanis ducibus victoriam di dedissent, tibi cessise, teque huic bello, vestris plus quam nostris cladibus insigni, finem imposuisse.


Traduzione

Lasciate indietro a egual distanza le scorte armate, si avvicinarono, ciascuno coi suoi interpreti, i due duci, che non solo erano i massimi del tempo, ma, a memoria d'uomo, eguali di qualsiasi re o duce di qualsivoglia nazione. Per un momento, giunti l'uno in cospetto dall'altro, quasi colpiti da mutua ammirazione, stettero in silenzio, Poi Annibale parlò per primo.
"Se questo era così destinato, che io, che primo mossi guerra al popolo romano, che tante volte ebbi quasi in mano la vittoria, proprio io per primo venissi a domandare la pace, sono contento che il destino mi abbia tratto a domandare la pace, sono contento che il destino mi abbiatratto a domandarla proprio a te. Anche per te, fra tante tue insigni imprese, non sarà il minor titolo di gloria il fatto che Annibale, al quale gli dei avevano dato la vittoria su tanti duci romani, abbia ceduto a te, e che tu abbia posto termine a questa guerra, memoranda per le disfatte vostre più che per le nostre.

Hannibal di Corneli Nepote

Hannibal , Hamilcaris filius, Carthaginiensis. Si verum est, quod nemo dubitat, ut populus Romanus omnes gentes virtute superarit, non est infitiandum Hannibalem tanto praestitisse ceteros imperatores prudentia, quanto populus Romanus antecedat fortitudine cunctas nationes. Nam quotienscumque cum eo congressus est in Italia, semper discessit superior. Quod nisi domi civium suorum invidia debilitatus esset, Romanos videtur superare potuisse. Sed multorum obtrectatio devicit unius virtutem. Hic autem velut hereditate relictum odium paternum erga Romanos sic conservavit, ut prius animam quam id deposuerit, qui quidem, cum patria pulsus esset et alienarum opum indigeret, numquam destiterit animo bellare cum Romanis.



Traduzione



Annibale, figlio di Amilcare, era Cartaginese. Se è vero, cosa di cui nessuno dubita, che il popolo Romano ha superato in valore tutti i popoli, non bisogna negare che Annibale fu così tanto superiore agli altri generali in astuzia quanto il popolo Romano superò in forza tutti gli altri popoli. Infatti ogni volta che Annibale si scontrò con quello (il popolo romano) in Italia, sempre ne riuscì vincitore. E se non fosse stato indebolito dall'ostilità dei suoi concittadini in patria, sembra che avrebbe potuto sconfiggere i Romani. Ma l'ostilità di molti vinse il valore di uno solo. In lui l'odio per i Romani lasciatogli dal padre come un'eredità era così radicato, in modo tale che lasciò la vita prima di (lasciare) quell’(odio), tanto che non cessò mai di combattere con l'animo contro i Romani, sebbene fosse stato cacciato dalla sua patria e avesse bisogno dei soccorsi altrui.